lunedì 14 novembre 2011

Storia e versetti struggenti su una manifestazione che ricorda anni ruggenti

Quattro minuti che a dir cosi, sembrano volare nel pensiero di un fine ottobre, ci vede riuniti popolo quasi invisibile a dire sempre le stesse idee: integrazione, socialità, anche se questa pare una novità per questi tempi di finanza ristretta la persona disabile la mettiamo come in una borsetta.

Lo nascondiamo e dalle scuole il sostegno togliamo, anche se non impara, non è poi un gran danno, in fondo quasi nessuno reclama che la persona con disabilita abbia pari opportunità di cultura, per integrarsi e cambiare da dentro questa società e rendere a ciascuno le sue opportunità con pari dignità.

In questi tempi di grande competitività, per noi lavorare può diventare una grande delusione l’idea corrente di quasi tutta la gente è che in fondo tutto può apparire come distrutto e sembrare una grande illusione invece il mio pensiero va non solo al denaro ma alla soddisfazione con queste righe di aver fatto pensare la città che oggi partecipa e vuole sapere come si vive nella quotidianità con la diversità e a far imparare che si può scherzare e ironizzare senza banalità insegnando ad adulti e bambini che la diversità non è una cattiva fatalità ma può risultare un’opportunità felice da incontrare se le tue potenzialità vuoi sviluppare.

Amore negato indipendenza negata vita che appare solo istituzionalizzata invece in autonomia va considerata è un pensiero rubato a un concetto di normalità che si fa a volte troppo distrarre dalla pubblicità io non voglio sfasciare nessuna vetrina ma vorrei ricordare a tutti i politici di non mettere in cantina le persone che stanno in carrozzina e ricordando che scarsità anche pèr noi può far rima con equità.

Marco Mignardi

mercoledì 2 novembre 2011

Non è tutta colpa degli invalidi

Recentemente un noto quotidiano nazionale ha titolato: “In sette mesi la Guardia di Finanza scopre tremila falsi invalidi. Inps truffata per 48 milioni di euro”, apparentemente non è altro che uno dei tanti articoli su questo triste, ma aimè, sempre attuale fenomeno , che tento danneggia le persone disabili già deboli per la loro condizione.
È interessante, tornando all’articolo in questione, notare come nel titolo compaia soltanto questa categoria di cittadini disonesti, mentre fin dalle prime righe del testo si comprende come i controllo delle fiamme gialle abbiano trovato un quadro molto più variopinto. Infatti dalla lettura sua emerge che oltre a qualche decina di finti non vedenti filmati dagli agenti mentre guidavano l’automobile o giravano tranquillamente in bicicletta, i finanzieri si sono imbattuti in persone disoneste che truffando varie pubbliche amministrazioni hanno usufruito illecitamente di ogni tipo di agevolazioni. È stato scoperto chi ha percepito per anni illegalmente la pensione del nonno deceduto da tempo, chi denunciando il falso ha usato buoni mensa, o borse di studio, falsi braccianti agricoli che riscuotevano i sussidi di disoccupazione senza averne alcun diritto, ecc., sottraendo 48 milioni di € all’inps e ad altri enti, con grave danno per i conti dello stato e per chi ne avrebbe avuto veramente bisogno.
Bisogna rilevare anche che la stragrande maggioranza dei media ha pubblicando articoli molto simili al riguardo che enfatizzando le questioni sui “falsi invali” hanno alimentato il pregiudizio molto forte nei confronti dei cittadini veramente disabili, oltre al danno anche la beffa: diventando il capro espiatorio della situazione, tanto è vero che questo triste fenomeno di mal costume è stato preso molte volte a pretesto per rinviare provvedimenti in loro favore; la crisi economica presente ha reso particolarmente mal visto chi compia truffe ai danni di enti pubblici, in questo quadro i “falsi invalidi” hanno assunto una rilevanza notevole, trascinando in una spirale di immagini socialmente negative le persone con disabilità che certamente non necessitano di campagne mediatiche sfavorevoli.
Senza pretendere disaminare la “questione morale”, scoperta negli anni ’70 dai nostri politici naturalmente riguarda soltanto i nostri avversari di partito, di associazione o di “cortile”. Da ultimi su questa lunghezza d’onda troviamo i “furbi e furbetti del quartierino” di Antonio Di Pietro. A chi possiede ancora uno straccio di lucidità risulta evidente che per superare l’attuale situazione di stallo etico, prima che politico, occorre che ciascuno riscopra una cosuccia che abbiamo confinato nel mondo dei ricordi, o al massimo in quello privato. Sto pensando alla buona pratica dell’esame di coscienza, chi è senza peccato scagli la prima pietra! Non si tratta di fare del moralismo a buon mercato ma di ricordarsi che un mio abuso presto o tardi finisce per ledere un diritto, magari anche a me stesso. Sarà capitato a molti disabili di trovare tutti i parcheggi per handy del supermercato. occupati. Magari la stessa persona il giorno prima aveva “prestato” il nostro contrassegno auto a una amica perché potesse parcheggiare meglio andando a uno spettacolo, o a una visita medica. Come si sa ciò che ho appena descritto è soltanto un esempio fra i tanti possibili di situazioni di una agevolazione usata in modo disonesto si trasforma in un abuso e quindi in un danno per qualcuno. Ciò presto o tardi si ritorcerà come un boomerand sui destinatari onesti della agevolazione iniziale.
Naturalmente spesso le cose non sono così lineari da essere riconducibili soltanto alla sommatoria di comportamenti individuali disonesti ma per la rilevanza che possono assumere i contorni di fenomeni complessi che possono venire realizzati solo se diventano fenomeni collettivi e quindi organizzati che come scritto sopra coinvolge spesso elementi della politica e soggetti della criminalità
Infatti bisogna ricordare che la nostra classe politica, nessuno escluso, che ora si straccia le vesti di fronte ai falsi invalidi, ha grosse responsabilità perché le pensioni d’invalidità sono state usate per molti anni sia come sostitute dei sussidi di disoccupazione che come “regalie” da spendere sul triste mercato del voto di scambio.
Abbiamo visto come ogni tipo di agevolazione fiscale, contributiva, previdenziale, o di altro genere possa essere strumentalizzata da che voglia trarne vantaggi senza averne alcun diritto.
Per cercare di arginare questi fenomeni negativi, che producono sia un danno alle finanze pubbliche che un notevole allarme sociale, le varie misure anticrisi di questo anno prevedono:
• Interventi repressivi con lo scopo di scovare attraverso controlli incrociati di Inps, agenzie delle entrate e guardia di finanza i “furbetti” che tentano di truffare lo stato nelle sue vita varie sfaccettature:
• Preventive attraverso una revisione generale di questo aspetto dell’assistenza, ovviamente in senso restrittivo, che finirà, inevitabilmente, per danneggiare chi si trova in situazioni di povertà.
Come mondo spesso accade ci troviamo ancora una volta di fronte a norme che per reprimere i “furbetti” del quartierino finiscono per danneggiare chi avrebbe realmente bisogno di agevolazioni per mitigare le proprie condizioni di svantaggio.

Riquadro
Fonte “IL Giornale.it” sabato 03 settembre 2011
- Nel 2010 l’Inps ha revocato 10.608 pensioni di invalidità, pari all’11,06 per cento delle posizioni controllate.E’ interessante vedere quale è sia la distribuzione territoriale nelle varie regioni:

Regioni più virtuose
• Marche 0, 87%
• Emilia Romagna 3,96%
• Lombardia 4,58%
• Veneto 4,95%

Regioni meno virtuose
• Sardegna 23,25%
• Campania 21,98%
• Umbria 20, 48%

Si possono notare nell’elenco sopra riportato le regioni più “virtuose” e quelle meno, anche ad una lettura superficiale dei nostri dati possiamo evidenziare che esiste uno stretto rapporto fra i falsi invalidi e le condizioni socio-economiche del territorio; ma anche la presenza della criminalità organizzata risulta essere una importante concausa del fenomeno in questione.

martedì 10 maggio 2011

In riguardo all'uso del "Taxi prioritario"

Ciao Carlo, vista la mia recente incazzatura per come vanno le questioni relative alla disabilità a Bologna, volevo segnalare alla tua associazione che 2 tassisti su 2dei taxi prioritari per disabili non rispettano più il regolamento ed esattamente nei punti:
• Il conducente dovrà fermare il tassametro per tutta la durata delle operazioni di salita e discesa del cliente con disabilità.
• Il conducente è tenuto a rilasciare sempre la ricevuta del trasporto al cliente con disabilità.
• Il conducente è tenuto a giungere dal cliente con disabilità con la tariffa minima di spostamento.

Visto che sicuramente i vostri soci ne fanno più uso di me sarebbe il caso di ricordargli queste regole. Mi dispiace solo che in questo periodo non ho tempo da perdere in esposti, comunque se fai il piacere di fare circolare la notizia tra i vostri soci sarebbe meglio per tutti.

grazie anticipatamente. Simone

martedì 3 maggio 2011

Quello che mi è successo in ospedale

A volte capita di trascorrere qualche giorno in ospedale. Questo purtroppo, è successo a me di recente. Come tutti, in queste circostanze anche io ho dovuto rallentare i normali ritmi della vita quotidiana. Entrando in un altra dimensione. Il tempo si dilata e sembra non passare mai. Il vicino di letto di notte non ti fa chiudere occhio. A me è capitato di recente di rientrare in questa sorta di dimensione parallela. Per una persona disabile come sono io, oltre a quanto detto sul tempo, c'è anche una altra componente che rende il tutto ancora più complicato. Il fatto che io per muovermi in autonomia, ho tempi e strategie per dominare il mio corpo spastico. Il problema è che il personale ospedaliero è abituato ad avere procedure standard e quando entra in un paziente che esce dagli standard, si è crea scompiglio là dove c'è un caus organizzato. Questa è la mia breve esperienza di soggiorno all'ospedale maggiore di Bologna. La conferma che sarebbe stato un ricovero bizzarro, l'ho avuta appena arrivato in un reparto e ho avuto un primo colloquio con infermiere che raccoglieva i miei dati anagrafici prima che arrivasse il medico. La cosa che mi ha subito colpito è stato l'utilizzo di una serie infinita di diminutivi quale le manine i piedini, ora, ho cinquant'anni e porto il 41 di scarpe, comunque, il tutto si è normalizzato quando ho fatto presente che nonostante il fisco ribelle, questo non comprometteva la mia capacità di comprendere un linguaggio da adulto. Tanto meno, quello su cui ero seduto, non era un gigantesco apparecchio acustico ma più semplicemente una carrozzina, quindi poteva avere un tono di voce normale e non di 10 dB più alto. Ma la parte più complicata doveva ancora arrivare. Una persona disabile, in carrozzina, per di più spastica, non ha la possibilità di mantenere quelle piccole autonomie che ha nella vita di tutti giorni. Io ad esempio, vado a letto e mi alzo autonomamente. Purtroppo per il periodo in cui sono stato ricoverato ho dovuto rinunciare anche a queste autonomie. Il motivo, se vuoi anche comprensibile, è dato dal fatto che le persone non abituati a vedere certi movimenti, sono troppo desiderose nel voler aiutare. Quindi, se per ogni turno, dovevo spiegare a tutte le infermiere che non volevo essere aiutato perché c'è la facevo da solo e che quello è il mio modo di fare delle cose, non ero in pericolo di cadere e che le contrazioni non le potevo controllare e fanno parte del tuo modo di essere, se dovevo spiegare tutto questo a tutte le infermiere, passa la voglia di alzarti e fare le cose. Quindi inevitabilmente ti rassegni a una degenza di ozio e di noia. Comunque, sono stati tutti molto gentili e disponibili. Tuttavia un episodio spiacevole mi è capitato. Un giorno, sono andato a fare i raggi, mentre attendevo di essere riaccompagnato in reparto, ero sulla mia carrozzina a lato del corridoio che attendevo un portantino per il ritorno in corsia. Ad un certo punto arrivano due portantini che spingendo un letto mi dovevano passare davanti. Io per agevolare il passaggio, mi sono spostato. Uno dei due portantini, nel vedermi spostare, si rivolge all'altro, dicendo "queste persone mi fanno senso". La mia risposta è stata "certo che anche lei non è tutta questa bellezza". Dopo qualche minuto la seconda delle portantina, è tornata per vedere se mi poteva essere di aiuto. Le ho detto che aspettavo di essere portato in reparto, così si è offerta di accompagnarmi. Durante il tragitto ho chiesto il nome della collega che mi aveva apostrofato con quella frase. Ho dovuto insistere per farmi dire il nome. Vitali Carmela. Almeno questo è quello che mi ha detto. Ho faticato un po' per capire qual è l'iter per inoltrare un reclamo sull'accaduto. Alla fine la caposala mi ha dato tutte le informazioni del caso. Così io ho compilato il modulo per il reclamo spiegando l'accaduto. Al di là del fatto che questa portantina ha tutto il diritto di essere schifata da persone come me, data la natura del suo lavoro dovrebbe avere la capacità di non esteriore i propri pensieri. Come riportato sul modulo di protesta, io, fortunatamente ho maturato nel corso della vita la capacità di non farsi abbattere da queste persone. Tuttavia, ogni storia è una storia a sé quindi non tutte le persone possono essere forti nel sentire certe frasi infelici. Quello che mi sento di dire, anche se può sembrare una frase fatta, alle persone disabili, che nel mondo è giusto che esista anche queste persone ignoranti, nel senso che ignorano che il mondo va ben oltre il loro naso. Certo non è facile avere la battuta pronta, soprattutto se uno ha difficoltà nel parlare e farsi capire. Mi rendo anche conto che spesso si preferisce ingoiare qualche rospo piuttosto che "perdere" tempo per inoltrare un protesta ufficiale. Si sa, che è luogo comune che tanto queste cose non vengono mai prese in considerazione. Tuttavia, bisognerebbe trovare quel tempo e considerarlo non come tempo perso, ma investito per fare in modo che certi episodi non si verifichino. E qualora si verificano, fare in modo che ognuno si assuma le proprie responsabilità di quanto detto.

Carlo Venturelli

venerdì 25 marzo 2011

Una riflessione

Mi chiamo Marco ciao a tutti i lettori del Blog aias volevo semplicemente fare tre considerazioni sul momento storico che stiamo attraversando.

1) Nei momenti in cui l’economia del paese è florida e vivace le scelte sul sociale non hanno priorità perché si preferisce aiutare l’industria gran media e piccola e altre attività del terziario avanzato turismo attività di vario genere allora il sociale è consegnato sempre più ad associazioni di volontariato specifiche e sì l’impressione che sulla disabilita oltre alla delle legge quadro s’investa poco nulla?

2) Al di delle singole opinioni politiche si ha l’impressione soprattutto dopo aver letto i racconti e le esperienze di vita vissuta di C e L che per essere ascoltati bisogna giungere a punti estremi perché mi chiedo in stato che si vanta giustamente di aver compiuto 150 anni di democrazia per essere ascoltati dal punto di vista sociale bisogna sempre salire su una gru e chi non ci riesce oppure non riesce abbastanza credibilità sociale per esservi accompagnato come fa?

3) Come mai che per attuare risoluzioni dell’organizzazione delle Nazioni Unite che, di fatto, impegnano il nostro paese in modo contrario al suo dettato costituzionale i denari vengono e sempre e in ogni caso trovati e si trova ogni motivazione per tagliare spese sociali che magari vengono ritenute improduttive?

ciao a tutti

Le rose di Marie Clarie

In questo spettacolo viene evidenziato da questa compagnia teatrale tutta in rosa come alcuni temi della vita come il lavoro la famiglia l’amore sono visti in chiave di subalterno ne ruolo femminile.

Le protagoniste vivevano come schiacciate nel loro ruolo con la figura di questo padre marito padrone che durate lo spettacolo non compare mai fisicamente ma fa sempre sentire la sua figura che aleggia durante tutta la commedia in maniera assai spettrale

La figura più emblematica è la madre che subisce il rapporto con questo padre che dal canto fa il bello e il cattivo tempo e questo madre resta li come si direbbe oggi non opera il minimo sforzo per cercare di uscire da un rapporto che la rende sicuramente infelice e vittima di questo marito padrone.

Altro tema affrontato le figlie quando diventano adulte chiaramente si emancipano e dicono chiaramente che loro non subiranno le frustrazione della loro madre questa certo che questo atteggiamento mostra come vi sia ancora nelle donne un bisogno di un amore troppo accondiscendente rispetto al modello paritario e dove c’è un modello non paritario delle relazioni di coppia.

In questo contesto si evidenzia un tipo di rapporto che non permette la realizzazione della persona come tale ma prima viene il ruolo e quello che ci si aspetta dal ruolo e poi dopo.

Le tematiche affondate dallo spettacolo secondo chi scrive evidenziano che per superare la crisi del rapporto di coppia che molto spesso oggi si evidenzia bisogna forse rispesati tutta la relazione dentro la coppia dove è urgente arrivare a una vera capacità di guardare se stessi.

La conclusione è veramente triste pensare che in questo paese una compagnia tutta in rosa non possa continuare a lavorare perché c’è da chiedersi si trovano i soldi per salare le società di calcio e per fare le guerre e mai per salvare il teatro.

venerdì 28 gennaio 2011

fruizione dei teatri di Bologna da parte delle persone disabili

Mi chiamo Carlo Vicinelli e da anni mi occupo di barriere architettoniche e mobilità nella nostra città. Faccio parte dell’AIAS di Bologna con cui condivido ideali e impegno per migliorare la qualità della vita alle persone disabili.
Mi piace molto andare a teatro e per questo motivo ho effettuato una piccola indagine sui teatri di Bologna.
Da questa risulta che alcune delle principali strutture non sono a norma con le leggi sull’abbattimento delle barriere architettoniche.
In particolare, alcuni esempi: nel teatro Comunale l’accessibilità alla sala è realizzata tramite una rampa molto pericolosa e molto non a norma, all’Arena del Sole non sono presenti gli stalli a norma per la sosta delle sedie a ruote e al Teatro delle Celebrazioni le carrozzine sostano nel corridoio laterale cosa che viola (così come in molti altri teatri) sia le norme sulle barriere sia quelle per la prevenzione incendi.
Naturalmente, non è solo una questione di qualità del servizio, in caso di emergenza, queste sistemazioni “raffazzonate” possono provocare situazioni anche molto pericolose.
Ho provato a parlare con i gestori per trovare una soluzione ma mi è stato risposto che era tutto a posto così e che se volevo vedere lo spettacolo mi dovevo accontentare della sistemazione offerta.
Si proprio “offerta” perché i gestori puntano proprio sul fatto che il biglietto alla persona disabile è dato in omaggio e che quindi questo li esimerebbe da dare una sistemazione di qualità e a norma di legge.
Come cittadino Bolognese con eguali diritti e doveri verso il mio territorio chiedo di poter usufruire delle strutture di spettacolo e cultura con le medesime condizioni di tutti gli altri miei concittadini: cioè pagare un biglietto ed ottenere un posto sicuro e in una buona posizione.
Sono disponibile a confrontarmi e a impegnarmi volontariamente con le istituzioni per trovare soluzioni per risolvere o migliorare queste situazioni.
Vi ringrazio per aver dedicato un po’ di tempo alla lettura di queste mie considerazioni, rimango in attesa di una pronta risposta.

mercoledì 19 gennaio 2011

Qualcuno mi aiuti a salire su una gru 2

Salve, sono Luca Pieri ho 57 anni tutti passati in compagnia delle mie carrozzine. Scrivo queste righe di sostegno alla denuncia di Carlo Venturelli, sulle conseguenze che le politiche dei tagli alle spese sociali hanno sulla vita quotidiana delle persone con disabilità nella lettera pubblicata su “la Repubblica” del 6 gennaio 2011, nella duplice veste di conoscente dell’autore e di consigliere di AIAS Bologna ONLUS. Il Sig. Venturelli scrive di cercare dei volontari che lo portino sul tetto di un edificio importante di Bologna e magari... anche buttarsi di sotto, un gesto estremo per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulle difficoltà, maggiorate dai tagli operati dal Comune e dall’USL di Bologna.
Sono personalmente preoccupato!
Come consigliere dell’Associazione devo ribadire che il taglio al “contributo alla mobilità” (ex buoni taxi) è stato deciso unilateralmente dalla azienda USL nello scorso settembre. Stiamo veramente raschiando il fondo del barile, come si diceva una volta. La stessa cosa dicasi per l’assegno di cura, si tratta di piccole cifre (rispettivamente di 120 e di 460 € mensili circa). Siamo di fronte all’ultima di una lunga serie di scelte che dalle manovre nazionali si giunge fino ai tagli dei bilanci degli enti locali che andranno a peggiorare le condizioni di vita delle persone assumendo dei contorni spesso molto tragici. Purtroppo siamo costretti a rilevare che dietro i tagli si nascondono probabilmente volontà politiche tese a ridimensionare le politiche di Welfare in particolare quelle in favore a persone con disabilità. Tutto ciò viene legittimato da abusi come quelli dei falsi invalidi, un fenomeno molto negativo a causa del quale i veri disabili rischiano di perdere le poche misure in loro favore.
Luca Pieri

Qualcuno mi aiuti a salire su una gru

Qualcuno mi aiuti a salire su una gru o sul tetto di qualche edificio importante di Bologna!
Sono una persona disabile di 49 anni e ho scelto di vivere da solo, lontano dalla famiglia, da quando avevo vent'anni.
Questa scelta non è stata una passeggiata, ma è un'esperienza che rifarei 100.000 volte. Fortunatamente ho sempre lavorato, pagando così gli affitti dei vari appartamenti dove ho vissuto in questi 29 anni.
E’ noto che i soldi non fanno la felicità, questo però di solito lo dice chi i soldi li ha. Per una persona come me, disabile, non è certo qualche ingresso gratuito al cinema che può migliorare la qualità della mia vita. Per una persona con difficoltà motorie, che vuole avere una vita sociale normale, anche solo doversi spostare con i mezzi pubblici diventa veramente complicato. Quindi uno nelle mie condizioni deve necessariamente affidarsi ai mezzi di trasporto privati come il taxi. Questo, però, comporta una spesa ulteriore. Fino a un anno fa, il servizio sociale sanitario contribuiva a rendere la mia vita più indipendente con un contributo per il trasporto (si trattava di una cifra di circa € 120 al mese ). Un altro contributo dei servizi sociali è un assegno di cura di € 460 al mese. Questo ultimo mi serve per contribuire a pagare una persona che quotidianamente mi aiuta in quelle mansioni che da solo non riesco a svolgere: fare la spesa, pagare le bollette, pulire la casa ecc. Certo non è una grande cifra, anzi, ma è meglio di niente.
Con le varie finanziarie il contributo per la mobilità è stato il primo a essere stato tagliato: “Da oggi stai a casa!”. E’ vero che i proprietari di casa non pagano più la tassa ICI, ma non capisco perché questa mancata entrata debba essere compensata dai tagli all’assistenza ai disabili. Come se non bastasse, l'assistente sociale mi ha comunicato che dal mese di gennaio verrà ridotto anche l'assegno di cura che da € 460, verrà portato a € 307. Sempre per colpa dei tagli che vengono fatti alla sanità.
Di certo non bisogna avere grandi competenze in materia di economia per capire che una persona che vive da sola, usufruendo di un contributo di € 460, costa allo stato € 5.520 ogni anno. Mentre se la si priva degli aiuti che le permettono di essere indipendente fino a costringerla ad essere ospitata in un centro residenziale a carico del S.S.N, la cifra che lo stato dovrebbe sborsare aumenta in modo considerevole. Di fatto, il welfare è sempre una delle prime voci che viene coinvolta dai tagli quando si vuole "risparmiare".
Queste sono le contraddizioni della nostra Italia che da un lato non permette di “togliere il disturbo” qualora, liberamente, un individuo decida che la sua esistenza non ha più niente a che vedere con il concetto di vita; dall'altro toglie anche quei pochi sussidi che, superate le paludi della burocrazia con lunghe file e infinita produzione di documenti, uno ha ottenuto come suo diritto.
Un senso di abbandono da parte delle istituzioni ci assale quando andiamo a chiedere aiuto agli organi preposti, quando vediamo gli impiegati allargare le braccia, scuotendo la testa, e informarci che hanno tagliato quei finanziamenti che renderebbero maggiormente dignitosa e autonoma la nostra vita di disabili. Sempre "hanno": non si ha mai un nome certo! Come se fosse ancora una volta il destino a bussare alla porta, portando la notizia che sei stato “nominato” e che da gennaio sulla tua vita peserà un senso di incertezza per il futuro.
Perciò a chi si trova nella mia situazione non resta altro che trovare qualche volontario (perché i professionisti costano), che lo aiuti a salire su qualche tetto per attirare quell'attenzione che altrimenti noi disabili non avremmo mai. Magari minacciare di buttarsi di sotto, costringendo le amministrazioni comunali a pagare gli straordinari agli operatori ecologici per pulire quello che resta della nostra esistenza spiaccicata su un marciapiede. Io sono pronto, ho già il maglione e la giacca pesante. Pronto a salire su un qualunque tetto di questa bella Bologna che un tempo era rossa, di un rosso caldo che sapeva unire. Ora il rosso di cui si può parlare è solo quello del sangue che la gente come me, che dal primo giorno di vita lotta per essere considerata normale, deve sputare per arrivare a fine mese.

Carlo Venturelli