martedì 10 maggio 2011

In riguardo all'uso del "Taxi prioritario"

Ciao Carlo, vista la mia recente incazzatura per come vanno le questioni relative alla disabilità a Bologna, volevo segnalare alla tua associazione che 2 tassisti su 2dei taxi prioritari per disabili non rispettano più il regolamento ed esattamente nei punti:
• Il conducente dovrà fermare il tassametro per tutta la durata delle operazioni di salita e discesa del cliente con disabilità.
• Il conducente è tenuto a rilasciare sempre la ricevuta del trasporto al cliente con disabilità.
• Il conducente è tenuto a giungere dal cliente con disabilità con la tariffa minima di spostamento.

Visto che sicuramente i vostri soci ne fanno più uso di me sarebbe il caso di ricordargli queste regole. Mi dispiace solo che in questo periodo non ho tempo da perdere in esposti, comunque se fai il piacere di fare circolare la notizia tra i vostri soci sarebbe meglio per tutti.

grazie anticipatamente. Simone

martedì 3 maggio 2011

Quello che mi è successo in ospedale

A volte capita di trascorrere qualche giorno in ospedale. Questo purtroppo, è successo a me di recente. Come tutti, in queste circostanze anche io ho dovuto rallentare i normali ritmi della vita quotidiana. Entrando in un altra dimensione. Il tempo si dilata e sembra non passare mai. Il vicino di letto di notte non ti fa chiudere occhio. A me è capitato di recente di rientrare in questa sorta di dimensione parallela. Per una persona disabile come sono io, oltre a quanto detto sul tempo, c'è anche una altra componente che rende il tutto ancora più complicato. Il fatto che io per muovermi in autonomia, ho tempi e strategie per dominare il mio corpo spastico. Il problema è che il personale ospedaliero è abituato ad avere procedure standard e quando entra in un paziente che esce dagli standard, si è crea scompiglio là dove c'è un caus organizzato. Questa è la mia breve esperienza di soggiorno all'ospedale maggiore di Bologna. La conferma che sarebbe stato un ricovero bizzarro, l'ho avuta appena arrivato in un reparto e ho avuto un primo colloquio con infermiere che raccoglieva i miei dati anagrafici prima che arrivasse il medico. La cosa che mi ha subito colpito è stato l'utilizzo di una serie infinita di diminutivi quale le manine i piedini, ora, ho cinquant'anni e porto il 41 di scarpe, comunque, il tutto si è normalizzato quando ho fatto presente che nonostante il fisco ribelle, questo non comprometteva la mia capacità di comprendere un linguaggio da adulto. Tanto meno, quello su cui ero seduto, non era un gigantesco apparecchio acustico ma più semplicemente una carrozzina, quindi poteva avere un tono di voce normale e non di 10 dB più alto. Ma la parte più complicata doveva ancora arrivare. Una persona disabile, in carrozzina, per di più spastica, non ha la possibilità di mantenere quelle piccole autonomie che ha nella vita di tutti giorni. Io ad esempio, vado a letto e mi alzo autonomamente. Purtroppo per il periodo in cui sono stato ricoverato ho dovuto rinunciare anche a queste autonomie. Il motivo, se vuoi anche comprensibile, è dato dal fatto che le persone non abituati a vedere certi movimenti, sono troppo desiderose nel voler aiutare. Quindi, se per ogni turno, dovevo spiegare a tutte le infermiere che non volevo essere aiutato perché c'è la facevo da solo e che quello è il mio modo di fare delle cose, non ero in pericolo di cadere e che le contrazioni non le potevo controllare e fanno parte del tuo modo di essere, se dovevo spiegare tutto questo a tutte le infermiere, passa la voglia di alzarti e fare le cose. Quindi inevitabilmente ti rassegni a una degenza di ozio e di noia. Comunque, sono stati tutti molto gentili e disponibili. Tuttavia un episodio spiacevole mi è capitato. Un giorno, sono andato a fare i raggi, mentre attendevo di essere riaccompagnato in reparto, ero sulla mia carrozzina a lato del corridoio che attendevo un portantino per il ritorno in corsia. Ad un certo punto arrivano due portantini che spingendo un letto mi dovevano passare davanti. Io per agevolare il passaggio, mi sono spostato. Uno dei due portantini, nel vedermi spostare, si rivolge all'altro, dicendo "queste persone mi fanno senso". La mia risposta è stata "certo che anche lei non è tutta questa bellezza". Dopo qualche minuto la seconda delle portantina, è tornata per vedere se mi poteva essere di aiuto. Le ho detto che aspettavo di essere portato in reparto, così si è offerta di accompagnarmi. Durante il tragitto ho chiesto il nome della collega che mi aveva apostrofato con quella frase. Ho dovuto insistere per farmi dire il nome. Vitali Carmela. Almeno questo è quello che mi ha detto. Ho faticato un po' per capire qual è l'iter per inoltrare un reclamo sull'accaduto. Alla fine la caposala mi ha dato tutte le informazioni del caso. Così io ho compilato il modulo per il reclamo spiegando l'accaduto. Al di là del fatto che questa portantina ha tutto il diritto di essere schifata da persone come me, data la natura del suo lavoro dovrebbe avere la capacità di non esteriore i propri pensieri. Come riportato sul modulo di protesta, io, fortunatamente ho maturato nel corso della vita la capacità di non farsi abbattere da queste persone. Tuttavia, ogni storia è una storia a sé quindi non tutte le persone possono essere forti nel sentire certe frasi infelici. Quello che mi sento di dire, anche se può sembrare una frase fatta, alle persone disabili, che nel mondo è giusto che esista anche queste persone ignoranti, nel senso che ignorano che il mondo va ben oltre il loro naso. Certo non è facile avere la battuta pronta, soprattutto se uno ha difficoltà nel parlare e farsi capire. Mi rendo anche conto che spesso si preferisce ingoiare qualche rospo piuttosto che "perdere" tempo per inoltrare un protesta ufficiale. Si sa, che è luogo comune che tanto queste cose non vengono mai prese in considerazione. Tuttavia, bisognerebbe trovare quel tempo e considerarlo non come tempo perso, ma investito per fare in modo che certi episodi non si verifichino. E qualora si verificano, fare in modo che ognuno si assuma le proprie responsabilità di quanto detto.

Carlo Venturelli